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La psicoanalisi non cura

Aggiornamento: 9 giu 2023

La psicoanalisi e la psicoterapia psicoanalitica considerano il paziente ed i suoi sintomi come espressione di una irripetibile soggettività. Per gli analisti, soprattutto gli analisti di matrice lacaniana, il sintomo va trattato come una soluzione della psiche di cui cogliere il senso e di cui prendersi cura.

Il sintomo è parte inestirpabile di chi lo vive, non va trattato come un invasore, bensì come ospite, dunque la psicoanalisi contemporanea non punta alla cura, perchè non crede alla cura intesa come gestione del sintomo e cura del sintomo come ablazione, come rimozione chirurgica di un tumore.


Il sintomo per gli psicoanalisti ha a che fare con le pulsioni, dunque con ciò che spinge. Esso è energia che spinge. La pulsione ha a che fare sempre, a differenza dell'istinto animale, con il linguaggio.

Si pensi, per esempio, al no del bambino che è un momento fondamentale in cui lui sì separa dalla pressione dell'altro, in cui egli stabilisce un confine, una differenza, una distinzione individuale dall'altro.

E il passaggio del sì al no è un passaggio traumatico, comunque fondamentale nello sviluppo della persona ed è forse uno dei momenti più simbolici del linguaggio, non tanto come la capacità di dire no, ma la capacità di differenziare e quindi di scegliere, di essere liberi anche di non aderire, di non adeguarsi, di distinguere fra me soggetto e qualcosa che non c'entra con me.

Essere capaci di dire no, non soltanto a un genitore che ci nutre magari di quello che non vogliamo o ci dà consigli che non vogliamo, ma anche alla società stessa. Dire no anticonformisticamente alle norme sociali, agli ideali sociali, alle fedi sociali, è ancora più difficile, ma questo è il modo che ha l'individuo per distinguersi dal si dice, dal si fa, e rafforzare in tal modo la soggettività.


Il no del bambino, puntando il dito a qualcosa, è un momento di distinzione, di separazione angosciosa, come già sapeva Freud e anche Lacan, ed è fondamentale per la crescita psicologica. Se il bambino indica qualcosa di diverso dal seno materno, vuol dire che già il seno materno non è fuso simbioticamente con lui, il bambino si è dunque separato dal seno della madre.

Il linguaggio attraverso il no e attraverso l'indicare, è in sé già separazione dall'istinto e dalla istintuale simbiotica unità del soggetto e dell'oggetto, del soggetto e del corpo della madre.

Il linguaggio separa, differenzia, ma anche ferisce perché crea un vuoto fra te e il mondo e al di là c'è la cosa, la cosa che non sei tu e dunque il vuoto. Quel vuoto appare a te e tu ti senti nel vuoto, ma soltanto in quel vuoto tu puoi rivedere la realtà sotto una diversa prospettiva, una prospettiva di rinnovamento di oggetti che ogni giorno nascono davanti a te e vengono scoperti nella libertà della ricerca e del desiderio, non nella necessità coatta del bisogno.

Noi non viviamo nella società del vuoto ma del pieno, dove l'oggetto invade, riempie e nega la distanza. Questa societa nega anche il tuo No di bambino, dunque la tua capacità di segnare la differenza.


Quando il paziente comincia già col dire Io non sono normale e quindi toglietemi questo sintomo perché disfunzionale, vuol dire che nel paziente c'è il credere che il sintomo sia collegato a una funzione, cioè praticamente non gli permetta di orientare la propria vita nei confronti di quel modello che lui ha in testa e che magari si apre ai principi dell'efficienza, della competizione e della prestazione.

Per ridare all'inconscio il suo ruolo occorre decostruire la norma, non il sintomo, l'ideale sociale che in nome di idee condivise, universali di efficienza e prestazione, mortifica proprio la singolarità del soggetto e la peculiarità dei suoi sintomi, che sono suoi e di nessun altro.

La realtà, più che la verità del sintomo, può venire fuori solo così, attraverso un sapersi destreggiare col sintomo, senza ridurlo a oggetto di interpretazione o a disfunzioni.

la psicoanalisi non cura

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