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La scolaresca come gruppo di lavoro

Le lamentele, le denunce, le proposte di legge e di riforme ministeriali per tamponare i diversi mali di cui soffre il mondo della scuola durano da quel dì e a tutt’oggi non si intravedono risultati soddisfacenti.

Dall’abbandono scolastico ai comportamenti disturbanti, sino a tutte quelle manifestazioni sintomatiche che fanno parte della sindrome fobia della scuola e che tradizionalmente sono state affrontate con l’arma del voto (quello in condotta compreso) o con provvedimenti disciplinari, sono generalmente dovuti a condizioni e fattori che si potrebbero prevenire o almeno alleviare in modo non traumatico, per facilitare soddisfacenti profitto e inserimento scolastici.


Di fondamentale importanza è la questione della preparazione dei docenti, alla quale si è provveduto a rimediare con una legge che prevede un corso di studio universitario, senza tenere conto che i titoli accademici non giovano a garantire specifiche attitudini, mentre, magari con un tempestivo inserimento in un gruppo psicosociale, si dovrebbe aiutare l’aspirante docente ad avviare a soluzione quasi immancabili problemi psico-emotivi acquisiti durante l’infanzia in seno al gruppo familiare che rischierebbero di disturbare il rapporto con gli alunni, i loro familiari, il corpo amministrativo e il restante personale dell’ambiente scolastico.


Poiché i docenti psico-emotivamente rappresentano figure genitoriali secondarie, il transfert da parte degli allievi è quasi scontato, ma son pure da tenere in debito conto le reazioni contro-transferali, da parte degli stessi docenti. Tali reazioni rischiano di emergere in rapporti legati appunto, a loro volta, a problemi risalenti alla propria infanzia: nei confronti di un /a allievo/a, possono venire evocate reazioni originariamente represse e rimosse per un fratellino o una sorellina nelle aree sotto corticali (area del Sistema d’allarme, in cui l’amigdala ha un ruolo preminente, a fini divulgativi, sentinella neuropsicoemotiva che, attivata da input … allarmanti, attiva umori e strutture deputate alle reazioni di attacco, e fuga, ossia all’aggressione che , se represse o rimosse nelle predette aree sottocorticali (a fini divulgativi, nella Pattumiera Neuropsicoemotiva).

Siccome queste situazioni relazionali non sono eccezionali, la preparazione degli aspiranti docenti non si deve esaurire con titoli di studio, bensì usufruire, per lo meno, di un Gruppo di discussione.


I prerequisiti per un soddisfacente apprendimento

           

Sotto questa voce si annoverano condizioni psico-fisiche degli scolari, che vanno dalle funzioni sensoriali (in particolare vista e udito) alle abilità psicomotorie, insomma a tutte quelle competenze che consentono un soddisfacente apprendimento.

Quando si avanzano proposte legislative che prevedono l’anticipo dell’età d’inizio della frequenza della scuola dell’obbligo, non si tiene presente che già stabilire per legge l’età tradizionale di sei anni può provocare conseguenze sul benessere di giovani soggetti, poiché non si tiene conto del loro orologio biologico, quindi dei loro ritmi circadiani, nonché di perpetrare una specie di violenza.

In effetti, l’età anagrafica non sempre coincide con quella biologica e pedagogica. Anzi sempre più spesso si nota una discrepanza tra tali età, in buona parte dovuta al tipo di vita odierna con la sempre più diffusa urbanizzazione che toglie spazi favorenti lo sviluppo psicomotorio dei soggetti in età evolutiva, mentre li relega a occupazione del tempo libero in giochi sedentari che inducono a consumare giocattoli e games telematici più utili al mercato, ma poco o per nulla  adatti, anzi addirittura ostacolanti un soddisfacente sviluppo psicomotorio.

Mediante il veicolo più congeniale per queste età, ossia attività di gioco animate da operatori appositamente preparati (di estrazione pedagogica, psicologica, sociale), si potrebbero, evitando traumi psico-emotivi, individuare, oltre che eventuali deficit sensoriali, vari problemi originati in seno alla famiglia e dovuti  a svantaggi culturali.

Quindi, con l’ausilio di attività ludiche, si potrebbero avviare a soluzione difficoltà e problemi di vario genere.


E’ per lo meno colpevole continuare a ignorare le ripercussioni che si rischiano nel pretendere rendimento e inserimento scolastici da alunni ipovedenti e ipoacusici, per non dire di tante altre difficoltà, tra cui lo svantaggio culturale e disagi psico-emotivi che caratterizzano, a volte, tali soggetti come pseudo-insufficienti mentali. A tal proposito si raccomanda la lettura, sul cartaceo o su internet,  di “La Storia di Dibs, di  Virginia Axiline.

Agli addetti sono ben noti casi in cui blocchi psico-emotivi avevano indotto a considerare e perfino a diagnosticare come deficienti mentali bambini che in seguito sono stati scoperti addirittura superdotati.

Anche in considerazione che molti problemi caratteriali, persino ricadenti in modo drammatico e perfino tragico sulla nostra collettività, alimentando la quotidiana cronaca nera, iniziano o si aggravano durante la frequenza scolastica, si auspica che, come per tanti altri problemi psico-sociali, ci si orienti sempre più verso intenti preventivi, utilizzando conoscenze bio-psico-pedagogiche oggi più disponibili.

Piuttosto che appesantire la cartella scolastica di costosi volumi che, tre l’alto, fanno male all’apparato osteo-muscolare e, per le esigenze lavorative dei genitori, mantenere rigidamente orari non confacenti con le esigenze psico-fisiologhe dell’età infantile, specialmente per quel che riguarda l’ora di ingresso mattutino, sarebbe ora (veramente si è da tempo in ritardo) di mettere al centro dei provvedimenti scolastici gli alunni.


La scolaresca come gruppo di lavoro  

           

Se un certo numero di persone si mette o viene messo insieme per un determinato scopo è molto probabile che si accenda una dinamica di gruppo.

Prima di procedere oltre, occorre almeno un cenno ai fenomeni che si verificano nei piccoli gruppi, descritti da uno dei genitori della Psicoterapia di gruppo, Wilfred Bion.

Si precisa ancora che il modo di funzionamento di un gruppo dipende principalmente dalla personalità del conduttore oltre che da quelle dei componenti il gruppo, anche numericamente. Si parla di: “gruppo di lavoro” quando il gruppo funziona secondo gli scopi che si era prefissato.


A mano a mano che il gruppo supererà i dieci, quindici componenti, si potranno generare i seguenti fenomeni, denominati assunti di base che confliggono come resistenze con la modalità  intenzionale di funzionamento del gruppo, ossia con  il gruppo di lavoro.

In effetti i componenti di un gruppo pare che, sotto sotto, tendano a stabilire un rapporto di dipendenza dal conduttore e dallo stesso gruppo, oppure di aggressività o, ancora, può prevalere un’interazione a due a due, per cui il gruppo rischia di frantumarsi in sottogruppi.


  • “gruppo attacco e fuga”, in cui prevale l’aggressività tra i componenti (*)

  • “gruppo di accoppiamento”, quando si ha la frammentazione con la formazione di sottogruppi;

  • “gruppo di dipendenza” dal conduttore (docente, nella fattispecie), quando questi  esercita un particolare fascino carismatico o seduttivo. (Sembra che ciascun leader abbia un proprio potenziale di leadership).


N. B. appena viene meno l’influenza di un tale leader, potranno prendere il sopravvento istanze che daranno luogo a conseguenze comunque problematiche e di vario genere, a seconda della situazione psico-emotiva dei componenti il gruppo.


(*) Di questo fenomeno posso dare testimonianza per esperienza diretta: quando nel gruppo psicoanalitico di cui facevo parte, presso un Istituto universitario, vennero inseriti altri componenti e venne superato il numero che ne consentiva il funzionamento come gruppo di lavoro, pur essendo tutte persone nella "normalità", ("adulti e vaccinati"), svolgenti normali attività professionali, prevalse l'aggressività, al punto che i due conduttori, a più riprese, ci avvertivano che ci stavamo comportando come cuccioli che si avventano sulla scodella del latte (nel gergo, il latte significava quel che di proficuo di cui ciascuno di noi avrebbe potuto usufruire), sprecando tempo e soldi.


Da quanto accennato ci si potrà rendere conto di quel che può avvenire in una classe di adolescenti!

Intanto si rileva che l’atavica tendenza a governare il comportamento di soggetti in età evolutiva con norme disciplinari, è  foriera di rischi che potranno essere peggiori del “male” che si intendeva contrastare.


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Il ricorso al “braccio di ferro” potrà venire recepito come una sfida e instaurare una specie di fronte conflittuale, a discapito del dovuto e vantaggioso rapporto autorevole, nonché alimentare idee persecutorie che, a loro volta, solleciteranno i familiari a prendere comunque le difese del giovane e schierarsi contro gli operatori scolastici.

Senza scadere nel facile cameratismo, anzi mantenendo un dignitoso contegno, chiunque si trovi nel ruolo di educatore potrà sperimentare i vantaggi delle proprie prestazioni con spirito di servizio, facendo percepire agli educandi che si sia dalla loro parte, che li si sta aiutando ad apprendere ciò che gioverà a loro per la propria vita, prestando competenze che al momento a loro mancano, stimolandone l’acquisizione.

Premesso che ogni comportamento disturbante (così come i cosiddetti capricci nei più piccoli) debba essere inteso come messaggio, al lume di conoscenze di dinamica di gruppo, una classe in agitazione può avere il significato di una lotta per la leadership o/e di una carenza di leadership da parte del conduttore (nella fattispecie, docente). Uno dei fattori disturbanti il gruppo può essere dovuto, oltre che a tensioni represse, comunque irrisolte o esacerbate, proprie della “fase dell’opposizione e dei dispetti”, a “conti da regolare transferalmente” e connessi con rivalità accese  in seno al gruppo familiare.

A tal proposito si rileva che oggi più che mai un/a ragazzo/a può giungere a scuola sovraccarico/a di tensione che avrà “accumulato” (proprio come un accumulatore elettrico) in famiglia, il che  indurrà il soggetto a ricercare a sua volta in ogni modo l’occasione per scaricare detta tensione per lui/lei intollerabile. Pertanto sarà portato/a ad avere atteggiamenti provocatori, da “bullo/a”.

Per inciso; situazioni di grave accumulo di tensione psico-emotiva potranno configurarsi clinicamente come forme depressive e, addirittura come forme psicotiche, tali da indurre gli addetti a formulare diagnosi di specifiche “malattie mentali”.

Si rileva ancora che il recente fenomeno delle cosiddette “bulle” potrà essere spiegato dal fatto che le ragazze¸ oggi, si sentono di gestire le proprie tensioni (tradizionalmente represse) di persona, non accontentandosi più  di “gestirle per delega”, magari “innamorandosi” del bullo fungente da alter ego

Potrà risultare significativo che, nei giochi allo “sfottò”, frequenti nelle classi scolastiche, si ha il fenomeno del mobbing: “guai per i timidi, per i più deboli!” Nei loro confronti si scatena la più impietosa e crudele violenza che pare sia sintomatica di cerebropatie per conseguente carenza di umori e strutture umanizzanti. Dovrebbe servire da monito specialmente ai genitori che ritengono di “educare” i figli ricorrendo a metodi autoritariamente deterrenti, insomma da domatore di circo equestre o, al contrario, rinunciando a prestare le dovute funzioni educative che dovrebbero aiutare i loro piccoli a incanalare le proprie energie secondo le insite potenzialità evolutive.

Ancora per inciso le conseguenze di improvvisazioni educative potranno  dar luogo a gravi risentimenti che si potranno manifestare molto più tardi, perfino nei confronti del partner coniugale.  

Da tenere sempre presente il ben noto processo del controtrasfert, per cui i docenti e, possibilmente, tutte le persone che hanno a che fare con gli scolari, dovrebbero perlomeno avviare a soluzione i propri problemi relazionali, magari giovandosi dei cosiddetti Gruppi Gordon (v. Di Donata Francescano: ”Star bene insieme a Scuola”).

Sul versante preventivo, al fine di individuare tempestivamente deficit sensoriali (strumenti essenziali per l'apprendimento: vista e udito), per colmare svantaggi culturali, per facilitare la socializzazione e avviare a soluzione quasi sempre immancabili problemi relazionali ecc. sarebbe estremamente vantaggioso intervenire qualche tempo prima del momento d’inizio della scuola dell’obbligo, animando, mediante personale appositamente preparato, attività di gioco (il ludico come veicolo il più congeniale per  interloquire con soggetti in età evolutiva) tra scolari destinati a una medesima classe.

Ancora auspicabile sarebbe la disponibilità di una ludoteca che affianchi l’opera dei docenti.

 
 
 

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