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TIROCINIO

Ho svolto il tirocinio in area clinica presso la residenza psichiatrica Kairos della Cooperativa sociale Integrazioni ONLUS, con sede in Casoria, in provincia di Napoli. Si tratta di una lungodegenza per pazienti psichiatrici dove il ricovero medio dura almeno 2 anni ed è finalizzato alla riabilitazione psicosociale e, ove si possa, al reinserimento lavorativo del paziente psichiatrico. Il tipico paziente di questa residenza è affetto da schizofrenia, da depressione, disturbo bipolare.

Sono stata supervisionata dalla tutor Dr.ssa Marianovella Giardina, psicoterapeuta dipendente della cooperativa da circa 20 anni.

 

Le mie mansioni di tirocinante erano:

  • Osservazione dei colloqui clinici individuali con gli ospiti della struttura condotti dal mio tutor;

  • Osservazione delle psicoterapie gruppali condotte con gli ospiti della struttura da psicoterapeuti dipendenti della struttura;

  • Osservazione delle psicoterapie familiari condotte con gli ospiti della struttura e loro famiglie da psicoterapeuti dipendenti della struttura;

  • Lettura delle cartelle cliniche dei pazienti ricoverati;

  • Prendere parte alle attività culturali e sociali di reparto, come la lettura di libri, vedere insieme film;

  • Osservazione delle attività riabilitative che avevano la finalità di rendere il paziente il più autonomo possibile;

  • Osservazione delle sessioni in cui gli psicoterapeuti di reparto somministrano i tests psicologici al paziente psichiatrico. I tests somministrati che ho osservato sono stati quelli proiettivi di disegno (figura umana, casa, albero, famiglia). 

  • Partecipazione a riunioni di équipe multidisciplinare per la discussione dei casi clinici;

  • Partecipazione a momenti di formazione nella forma di seminari teorici tematici.

 

Il modello riabilitativo erogato da questa struttura applica i principi ed i metodi del Modello strutturale integrato di Giovanni Ariano, il Presidente della cooperativa e direttore della scuola di psicoterapia SIPI ed anche autore di molti libri che descrivono il suo metodo di psicoterapia della psicosi.

 

Questo modello riabilitativo segue delle fasi specifiche.

Il paziente viene riabilitato in una prima fase alla cura della sua persona con particolare riguardo alla regolarità dell’igiene personale, la cura nell’abbigliamento, la regolarità dei pasti e delle terapie farmacologiche da assumere sotto sorveglianza infermieristica, e la cura della pulizia e dell'ordine nella sua stanza da letto. In questa fase lo staff riabilitativo e gli psicoterapeuti insistono molto sulla consapevolezza di malattia. Il paziente deve capire il motivo per il quale è stato ricoverato, molti non lo sanno, pensano di avere genericamente un disagio o di essere vittime di una famiglia che li ha rinchiusi e/o abbandonati. Ariano insiste che il paziente debba conoscere e capire la sua diagnosi e diventare consapevole che il ricovero di lungo periodo in clinica consente una riabilitazione che dia speranza di una qualità di vita migliore ed eviti una cattiva cronicizzazione della malattia.

 

Successivamente il paziente viene aiutato e sostenuto dagli operatori di reparto nelle azioni di cura degli spazi sociali come per esempio la cucina del reparto, i corridoi, le sale mensa, le stanze cliniche, la lavanderia. I pazienti piu’ autonomi possono anche talvolta aiutare a cucinare. 

 

Quando il paziente ha superato questa prima fase di cura di se stesso e dell’ambiente in cui vive, viene istituito un progetto individualizzato di riabilitazione in base alle capacità presenti e alle possibilità per il futuro, pertanto ci sono pazienti che vengono inseriti in laboratori occupazionali (agricolo, cucina, giardinaggio, buvette/bar, segreteria) oppure proseguire gli studi universitari.

 

Questo processo riabilitativo per fasi, viene accompagnato da un lavoro psicoterapeutico sia gruppale, sia individuale sia familiare che è fondamentale per vincere le resistenze al cambiamento. Il paziente della struttura Kairos lavora su se stesso nei vari setting psicoterapeutici quasi quotidianamente.

 

Il lavoro psicoterapico secondo il Modello strutturale integrato verte attorno allo sviluppo della capacità del paziente di propriocepirsi, cioè leggere il suo linguaggio corporeo e tradurlo in emozioni di base. Questo è il lavoro primario e fondamentale nel MSI.

Nel MSI già il solo propriocepirsi restituisce maggiore controllo comportamentale nel paziente.

Pertanto caratterizzante il modello è il lavoro corporeo, basato su esercizi corporei, ed individualizzato per ogni paziente, con lo scopo di far nascere schemi corporei che avvicinano il soggetto a sé e alle sue sensazioni per poi rifletterci con l'aiuto dello psicoterapeuta di riferimento. Questo lavoro corporeo viene svolto nelle sessioni di psicoterapia individuale, talvolta anche nelle sessioni di terapia gruppale.

Secondo il Modello Strutturale Integrato, l’uomo per stare nella sanità mentale deve essere in grado di propriocepirsi e capire come sta in termini emotivi, essere in grado di leggere lo stato emotivo dell’interlocutore ed integrare i quattro linguaggi, corporeo, emotivo, fantastico e relazionale.

Nella cura della malattia mentale grave la terapia familiare è considerata fondamentale da Giovanni Ariano dal momento che per l’autore la famiglia contribuisce allo scatenamento delle crisi psicotiche se non adotta principi di comunicazione specifici volti ad accogliere l'emotività ed a mantenere un ponte di comunicazione col paziente. 

Secondo Giovanni Ariano la soggettività nasce a partire dalla propriocezione, e dall'integrazione dei linguaggi. Il paziente che impara a propriocepirsi ha un’ancora per diventare consapevole, per capirsi e per capire il mondo che lo circonda. La propriocezione è quel ponte che consente una comunicazione interna ed esterna e quindi fornisce autocontrollo.

 

L’intersoggettività è l’ultima fase del lavoro riabilitativo, ovvero restituire al paziente la possibilità di essere in grado di comunicare con l’altro e di costruire il mondo con l’altro, di avere una visione condivisa del mondo.

L’uomo sano ha anche un progetto di vita, adeguato alla sua età. Questo progetto dà un orizzonte di senso ed in questo progetto spesso la responsabilità di un lavoro è centrale.

 

La residenza psichiatrica Kairos riesce, senza l’uso di dosi massicce di tranquillanti maggiori, ad ottenere una disattivazione dei fenomeni di perdita di controllo del paziente, attraverso un continuo lavoro finalizzato a spingere il paziente nella dimensione della consapevolezza del suo stato emotivo a partire dal linguaggio corporeo.

Ho imparato che gli psicologi della residenza psichiatrica, per far riconquistare il controllo del comportamento ai pazienti psichiatrici, usano un metodo fondamentale che è quello di aiutarli ad esplorare il loro vissuto emotivo, con domande semplici e dirette, ‘Come ti senti, come ci stai in questa situazione? Che emozione provi? Ti vedo arrabbiato, triste, ecc …’

 

L’esperienza di questo tirocinio mi è stata estremamente utile sia umanamente sia professionalmente. Ho constatato in prima persona che esistono condizioni psichiatriche come la schizofrenia che richiedono un percorso di cura molto lungo ed articolato, dove il lavoro riabilitativo dello staff curante sulla motivazione del paziente a raggiungere livelli via via crescenti di autonomia è di fondamentale importanza.


Un altro grande insegnamento è stato appreso nei seminari e nelle supervisioni  tenute dal supervisore generale, che ci ha passato il fondamento della cura, guidare il paziente dando l’esempio. Lo psicologo deve essere un esempio di rigore e serietà nel lavoro di sostegno al sofferente mentale. E' una professione quella dello psicologo e psicoterapeuta che richiede sacrifici personali e la volontà di assumersi enormi responsabilità.

Il DSM 5 ha 20 capitoli che categorizzano i disturbi.

  1. Disturbi del neurosviluppo (es. Disabilità intellettiva, disturbi della comunicazione come ad esempio balbuzie, autismo, ADHD, Disturbo Specifico dell’Apprendimento, Disturbi del movimento es Tic)

  2. Disturbi dello spettro della schizofrenia e altri disturbi psicotici

  3. Disturbi bipolari e disturbi correlati

  4. Disturbi depressivi

  5. Disturbi d’ansia

  6. Disturbo ossessivo compulsivo e disturbi correlati

  7. Disturbi correlati ad eventi traumatici e stressanti

  8. Disturbi dissociativi

  9. Disturbo da sintomi somatici e disturbi correlati

  10. Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione

  11. Disturbi dell’evacuazione

  12. Disturbi del sonno veglia

  13. Disfunzioni sessuali

  14. Disforia di genere

  15. Disturbi da comportamento dirompente, del controllo degli impulsi e della condotta

  16. Disturbi correlati da sostanze e disturbi da addiction

  17. Disturbi neurocognitivi

  18. Disturbi di personalità

  19. Disturbi del movimento indotti da farmaci e altre reazioni avverse ai farmaci

Altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica

DISTURBI DELLO SPETTRO DELLA SCHIZOFRENIA E ALTRI  DISTURBI PSICOTICI: 

1.1 Schizofrenia

Criterio A. Due o più dei seguenti sintomi (di cui almeno uno deve essere fra i primi tre):

a. Deliri. 

b. Allucinazioni. 

c. Eloquio disorganizzato. 

d. Comportamento disorganizzato o catatonico. 

e. Sintomi negativi (appiattimento affettivo, povertà del linguaggio detta alogia, incapacità di provare piacere detta anedonia, ritiro sociale, mancanza di motivazione per iniziare o portare avanti attività quotidiane (come curarsi, lavorare, studiare).

Un unico sintomo è sufficiente se i deliri sono bizzarri, cioè quando il tema esula dalle esperienze di vita del soggetto; o se le allucinazioni sono delle voci che discutono fra loro o  commentano le azioni o i pensieri del pz. 

Criterio B. Alterazione significativa del funzionamento del soggetto in una o più delle aree principali,  considerato al di sotto del funzionamento precedente all’esordio. 

Criterio C. La durata del disturbo è di 6 mesi, di cui almeno 1 mese di sintomi del criterio A. Gli altri mesi  possono comprendere sintomi prodromici o residui, caratterizzate da forme attenuate dei  sintomi della fase attiva. 

1.2 Disturbo schizofreniforme

L’espressione sintomatologica è assimilabile alla schizofrenia, dalla quale si differenzia per due  aspetti: 

A. Il disturbo, compresi sintomi prodromici e residui, dura almeno 1 mese ma meno di 6 mesi. 

B. Il funzionamento socio-professionale non risulta necessariamente compromesso. 

 

1.3 Disturbo delirante

A. Deliri per almeno 1 mese o più. 

B. Il funzionamento socio-professionale non risulta necessariamente compromesso. 

C. Il criterio A per la schizofrenia non è mai stato soddisfatto.

D. Sottotipi:  

a. Erotomanico: il tema dei deliri è che un’altra persona sia innamorata del soggetto. 

b. Di grandezza: il tema dei deliri è la convinzione di avere qualche grande ma non  riconosciuta dote, oppure di aver fatto qualche importante scoperta. 

c. Di gelosia: il tema centrale del delirio è che il proprio coniuge sia infedele. 

d. Di persecuzione: il tema centrale dei deliri è la convinzione di essere oggetto di una  cospirazione o di una persecuzione. 

e. Somatico: il tema centrale del delirio coinvolge le funzioni o le sensazioni corporee. 

f. Misto: quanto non predomina nessun tema delirante. 

 

1.4 Disturbo psicotico breve

A. Uno o più dei seguenti sintomi: 

a. Deliri. 

b. Allucinazioni. 

c. Eloquio disorganizzato. 

d. Comportamento disorganizzato. 

B. La durata di un episodio è di almeno 1 giorno ma meno di 1 mese. 

C. Dopo la remissione il funzionamento globale si ristabilisce al livello premorboso. 

 

1.5. Disturbo schizoaffettivo

A. Un periodo ininterrotto di malattia durante il quale è presente un episodio dell’umore maggiore (depressivo – maniacale) in concomitanza con i sintomi della schizofrenia. 

B. Deliri o allucinazioni per almeno due settimane, in assenza di un episodio dell’umore  maggiore, nel corso della malattia. 

C. I sintomi che soddisfano i criteri per un episodio dell’umore maggiore sono presenti per la  maggior parte della durata totale del disturbo.

2. DISTURBO BIPOLARE E DISTURBI CORRELATI:
 

2.1 Disturbo bipolare I

Si può effettuare diagnosi di disturbo bipolare I se sono presenti: 

1. Solo episodi Maniacali. 

2. Almeno due episodi di alterazione dell’umore fra episodio depressivo maggiore e episodio  maniacale. 

 

2.2 Disturbo bipolare II 

A. Presenza di almeno un episodio ipomaniacale e di almeno un episodio depressivo maggiore. 

B. Non vi è mai stato un episodio maniacale. 

C. I sintomi della depressione o l’imprevedibilità dell’alternanza di depressione e ipomania causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento socio lavorativo o in altre aree importanti. 

Discorsivo sul Bipolare II

È un disturbo dell’umore caratterizzato da:

  • almeno un episodio depressivo maggiore (grave e debilitante),

  • e almeno un episodio ipomaniacale (meno grave di una mania vera e propria).

Non ci sono mai stati episodi maniacali completi.

2.3 Disturbo ciclotimico 

A. Per almeno 2 anni (1 anno nei bambini e adolescenti), la persona ha avuto:

  • numerosi periodi con sintomi ipomaniacali (euforia, aumento dell’energia, loquacità, irritabilità…),

  • alternati a periodi con sintomi depressivi (tristezza, perdita di interesse, affaticamento…), ma senza mai soddisfare i criteri completi per un episodio ipomaniacale o un episodio depressivo maggiore.

B. In questi 2 anni, i sintomi sono presenti per almeno metà del tempo e non sono mai scomparsi per più di 2 mesi consecutivi.

C. Durante tutto questo periodo, non si sono mai verificati episodi completi di un episodio depressivo maggiore, episodio maniacale, episodio ipomaniacale.

D. I sintomi causano un disagio clinicamente significativo o una compromissione del funzionamento personale, sociale, lavorativo o in altri ambiti importanti della vita.

1. Episodio Maniacale: 

a. Alterazione dell’umore, anormalmente e persistentemente elevato o irritabile e di un aumento anomalo e persistente dell’attività finalizzata o dell’energia.

Per almeno una settimana è presente per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni. 

b. Durante il periodo di alterazione dell’umore e di aumento dell’energia, tre o più dei  seguenti sintomi sono presenti e rappresentano un cambiamento evidente rispetto al  comportamento: 

1. Autostima ipertrofica o grandiosità. 

2. Diminuito bisogno di sonno. 

3.  Maggiore loquacità. 

4. Fuga di idee. 

5. Distraibilità. 

6. Aumento dell’attività finalizzata o  agitazione psicomotoria. 

7. Eccessivo coinvolgimento in attività potenzialmente dannose. 

c. Compromissione significativa del funzionamento sociale o lavorativo. 

d. Possono essere presenti manifestazioni psicotiche. 

 

2. Episodio Ipomaniacale (come il maniacale ma dura meno e non presenta manifestazioni psicotiche, il funzionamento sociale non risulta compromesso): 

a. Alterazione dell’umore, anormalmente e persistentemente elevato o irritabile e di un  aumento anomalo e persistente dell’attività finalizzata o dell’energia. Per almeno 4 giorni e  presente per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni. 

b. Durante il periodo di alterazione dell’umore e di aumento dell’energia, tre o più dei  seguenti sintomi sono presenti e rappresentano un cambiamento evidente rispetto al  comportamento: 

1. Autostima ipertrofica o grandiosità. 

2. Diminuito bisogno di sonno. 

3.  Maggiore loquacità. 

4. Fuga di idee. 

5. Distraibilità. 

6. Aumento dell’attività finalizzata o  agitazione psicomotoria. 

7. Eccessivo coinvolgimento in attività potenzialmente dannose. 

c. Evidente cambiamento nel funzionamento, che però non risulta compromesso. 

d. L’alterazione nel funzionamento e nel comportamento sono osservabili dagli altri. 

 

3. Episodio Depressivo Maggiore: 

A. Cinque o più dei seguenti sintomi sono stati contemporaneamente presenti, per almeno 2  settimane, di cui almeno uno è fra i primi due:  

1. Umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni. 

2. Perdita di piacere o interesse per tutte o quasi le attività, per la maggior parte del  giorno, quasi tutti i giorni. 

3. Significativa perdita di peso, non dovuta a dieta. O aumento di peso. Oppure  diminuzione o aumento dell’appetito. 

4. Insonnia o ipersonnia quasi tutti i giorni. 

5. Agitazione o rallentamento psicomotori quasi tutti i giorni. 

6. Faticabilità o mancanza di energia. 

7. Sentimenti di autosvalutazione o colpa eccessivi o inappropriati, quasi tutti i giorni. 

8. Ridotta capacità di pensare o concentrarsi, o indecisione, quasi tutti i giorni. 

9. Pensieri ricorrenti di morte, paura di morire, ricorrente ideazione suicidaria o  tentativo di suicidio. 

B. I sintomi causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento  socio-lavorativo o in altre aree importanti. 

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3. DISTURBI DEPRESSIVI

3.1 Disturbo depressivo maggiore

A Cinque o più dei seguenti sintomi sono stati contemporaneamente presenti, per almeno 2  settimane, di cui almeno uno è fra i primi due:  

1. Umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni. 

2. Perdita di piacere o interesse per tutte o quasi le attività, per la maggior parte del giorno,  quasi tutti i giorni. 

3. Significativa perdita di peso, non dovuta a dieta. O aumento di peso. Oppure diminuzione  o aumento dell’appetito. 

4. Insonnia o ipersonnia quasi tutti i giorni. 

5. Agitazione o rallentamento psicomotori quasi tutti i giorni. 

6. Faticabilità o mancanza di energia. 

7. Sentimenti di autosvalutazione o colpa eccessivi o inappropriati, quasi tutti i giorni. 

8. Ridotta capacità di pensare o concentrarsi, o indecisione, quasi tutti i giorni. 

9. Pensieri ricorrenti di morte, paura di morire, ricorrente ideazione suicidaria o tentativo di  suicidio. 

B. I sintomi causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento  socio-lavorativo o in altre aree importanti. 

3.2 Disturbo depressivo persistente (distimia)

A. Umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni, per almeno 2 anni. 

B. Presenza, nel periodo di depressione, di due o più dei seguenti sintomi

1. Scarso o eccessivo appetito. 

2. Insonnia o ipersonnia. 

3. Scarsa energia o astenia. 

4. Bassa autostima. 

5. Difficoltà di concentrazione e incapacità a prendere decisioni. 

6. Disperazione. 

C. Nei 2 anni i sintomi non sono mai stati assenti per più di due mesi. 

D. Non sono mai soddisfatti i criteri di un episodio depressivo, maniacale o ipomaniacale. E. I sintomi causano disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento  socio-lavorativo o in altre aree importanti.

DISTURBI DI PERSONALITA’: 

Il disturbo di personalità è un pattern abituale di esperienza interiore e di comportamento che  devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura del soggetto; che può manifestarsi  nelle diverse aree del soggetto: cognitività, affettività, funzionamento interpersonale, controllo  degli impulsi.  

Tale pattern risulta inflessibile e pervasivo in un’ampia varietà di situazioni, è stabile e di lunga  durata, con l’esordio generalmente nella tarda adolescenza o nella prima età adulta. Causa  disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale,  lavorativo o in altre aree importanti. 

DISTURBI DI PERSONALITA’ DEL GRUPPO A 

14.1 Disturbo paranoide di personalità

A. Diffidenza e sospettosità pervasive nei confronti degli altri, tanto che le loro motivazioni  vengono interpretate come malevole, che iniziano nella prima età adulta e sono presenti in  svariati contesti, come indicato da quattro o più dei seguenti elementi: 

1. Sospetta senza fondamento di essere sfruttato, danneggiato o ingannato da altri. 

2. Dubita, senza giustificazione, della lealtà o affidabilità di amici e colleghi. 

3. È riluttante a confidarsi a causa del timore ingiustificato che le informazioni possano  essere usate contro di lui. 

4. Legge significati nascosti umilianti o minacciosi in osservazioni o eventi benevoli. 

5. Porta costantemente rancore. 

6. Percepisce attacchi al proprio ruolo o reputazione non evidenti agli altri ed è pronto a  reagire con rabbia o a contrattaccare. 

7. Sospetta in modo ricorrente, senza giustificazione, della fedeltà del coniuge o del partner  sessuale. 

B. Ciò causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito  sociale, lavorativo o in altre aree importanti. 

14.2 Disturbo schizoide di personalità

A. Un pattern pervasivo di distacco dalle relazioni sociali e una gamma ristretta di espressioni  emotive in situazioni interpersonali, che inizia nella prima età adulta ed è presente in svariati  contesti, come indicato da quattro o più dei seguenti elementi: 

1. Non desidera né prova piacere nelle relazioni affettive, incluso il far parte di una famiglia.

2. Quasi sempre sceglie attività individuali. 

3. Dimostra poco o nessun interesse di avere esperienze sessuali con un’altra persona. 

4. Prova piacere in poche o nessuna attività. 

5. Non ha amici stretti o confidenti, eccetto i parenti di primo grado. 

6. Sembra indifferente alle lodi o alle critiche degli altri. 

7. Mostra freddezza emotiva, distacco o affettività appiattita. 

B. Ciò causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito  sociale, lavorativo o in altre aree importanti. 

 

14.3 Disturbo schizotipico di personalità

A. Un pattern pervasivo di deficit sociali e interpersonali caratterizzato da disagio acuto e ridotta  capacità riguardo le relazioni affettive, da distorsioni cognitive e percettive e da eccentricità di  comportamento, che inizia nella prima età adulta ed è presente in svariati contesti, come indicato  da cinque o più dei seguenti elementi: 

1. Idee di riferimento (escludendo i deliri). 

2. Convinzioni strane o pensiero magico che influenzano il comportamento e sono in contrasto con le norme subculturali. 

3. Esperienze percettive insolite, incluse illusioni corporee. 

4. Pensiero ed eloquio strani (es. vago, metaforico, stereotipato). 

5. Sospettosità o ideazione paranoide. 

6. Affettività inappropriata o limitata. 

7. Comportamento o aspetto strani, eccentrici o peculiari. 

8. Nessun amico stretto o confidente, eccetto i parenti di primo grado. 

9. Eccessiva ansia sociale, che non diminuisce con l’aumento della familiarità e tende ad  essere associata a preoccupazioni paranoidi piuttosto che a un giudizio negativo di sé. 

B. Ciò causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito  sociale, lavorativo o in altre aree importanti. 

DISTURBI DI PERSONALITA’ DEL GRUPPO B

14.4 Disturbo antisociale di personalità

A. Un pattern pervasivo di inosservanza e di violazione dei diritti degli altri, che si manifesta fin  dall’età di 15 anni, come indicato da tre o più dei seguenti elementi: 

1. Incapacità di conformarsi alle norme sociali per quanto riguarda il comportamento legale,  come indicato dal ripetersi di atti passibili di arresto. 

2. Disonestà, come indicato dal mentire ripetutamente, usare falsi nomi o truffare gli altri,  per profitto o per piacere personale. 

3. Impulsività o incapacità di pianificare. 

4. Irritabilità o aggressività. 

5. Noncuranza sconsiderata della sicurezza propria o altrui. 

6. Irresponsabilità abituale, (es. incapacità di mantenere un’attività lavorativa continuativa o  far fronte ad obblighi finanziari). 

7. Mancanza di rimorso e indifferenza per le proprie azioni. 

B. Ciò causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito  sociale, lavorativo o in altre aree importanti. 

C. L’individuo ha almeno 18 anni. 

D. Presenza di un disturbo della condotta con esordio prima dei 15 anni. 

 

14.5 Disturbo borderline di personalità

A. Un pattern pervasivo di instabilità nelle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e  dell’umore e una marcata impulsività, che inizia nella prima età adulta ed è presente in svariati  contesti, come indicato da cinque o più dei seguenti elementi: 

1. Sforzi disperati per evitare un reale o immaginario abbandono. 

2. Un pattern di relazioni interpersonali instabili e intense, caratterizzato dall’alternanza tra  gli estremi di iperidealizzazione e svalutazione. 

3. Alterazione dell’identità: immagine di sé o percezione di sé marcatamente e  persistentemente instabile. 

4. Impulsività in almeno due aree che sono potenzialmente dannose per il soggetto (sesso,  abuso, guida spericolata). 

5. Ricorrenti comportamenti, gesti o minacce suicidari, o comportamenti automutilanti. 

6. Instabilità affettiva dovuta a una marcata reattività dell’umore. 

7. Sentimenti cronici di vuoto. 

8. Rabbia inappropriata, intensa o difficoltà nel controllarla. 

9. Ideazione paranoide transitoria, associata allo stress, o gravi sintomi dissociativi. 

B. Ciò causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito  sociale, lavorativo o in altre aree importanti. 

 

14.6 Disturbo istrionico di personalità

A. Un pattern pervasivo di emotività eccessiva e di ricerca di attenzione, che inizia nella prima  età adulta ed è presente in svariati contesti, come indicato da cinque o più dei seguenti elementi: 

1. È a disagio in situazioni nelle quali non è al centro dell’attenzione. 

2. L’interazione con gli altri è spesso caratterizzata da inappropriato comportamento sessualmente seduttivo o provocante. 

3. Manifesta un’espressione delle emozioni rapidamente mutevole e superficiale. 

4. Utilizza costantemente l’aspetto fisico per attirare l’attenzione su di sé. 

5. Lo stile dell’eloquio è eccessivamente impressionistico e privo di dettagli.

6. Mostra autodrammatizzazione, teatralità e espressione esagerata delle emozioni. 

7. È suggestionabile. 

8. Considera le relazioni più intime di quanto non siano realmente. 

B. Ciò causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito  sociale, lavorativo o in altre aree importanti. 

14.7 Disturbo narcisistico di personalità 

A. Un pattern pervasivo di grandiosità, necessità di ammirazione e mancanza di empatia, che  inizia nella prima età adulta ed è presente in svariati contesti, come indicato da cinque o più dei  seguenti elementi: 

1. Ha un senso grandioso di importanza. 

2. È assorbito da fantasie di successo, potere, fascino, bellezza illimitati, o di amore ideale. 

3. Crede di essere speciale e unico, e di poter essere capito o di dover frequentare altre  persone speciali o di classe elevata. 

4. Richiede eccessiva ammirazione. 

5. Ha l’irragionevole aspettativa di trattamenti speciali o di favore. 

6. Sfrutta i rapporti interpersonali per i propri scopi. 

7. Manca di empatia. 

8. È spesso invidioso degli altri o crede che gli altri lo invidino. 

9. Mostra comportamenti arroganti e presuntuosi. 

B. Ciò causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito  sociale, lavorativo o in altre aree importanti. 

DISTURBI DI PERSONALITA’ DEL GRUPPO C

14.8 Disturbo evitante di personalità 

A. Un pattern pervasivo di inibizione sociale, sentimenti di inadeguatezza e ipersensibilità al  giudizio negativo, che inizia entro la prima età adulta ed è presente in svariati contesti, come  indicato da quattro o più dei seguenti elementi: 

1. Evita attività lavorative che implicano un significativo contatto interpersonale per timore  di essere criticato, disapprovato o rifiutato. 

2. È riluttante a entrare in relazione con persone, a meno che non sia certo di piacere. 

3. Mostra limitazioni nelle relazioni intime per timore di essere umiliato o ridicolizzato. 

4. Si preoccupa di essere criticato o rifiutato in situazioni sociali. 

5. È inibito in situazioni interpersonali nuove per sentimenti di inadeguatezza. 

6. Si vede come socialmente inetto, personalmente non attraente o inferiore agli altri. 

7. È insolitamente riluttante ad assumere rischi personali o a impegnarsi in qualsiasi nuova  attività poiché può rivelarsi imbarazzante. 

B. Ciò causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito  sociale, lavorativo o in altre aree importanti. 

14.9 Disturbo dipendente di personalità

A. Una necessità pervasiva ed eccessiva di essere accuditi, che determina comportamento sottomesso e dipendente e timore della separazione, che inizia nella prima età adulta ed è  presente in svariati contesti, come indicato da cinque o più dei seguenti elementi: 

1. Ha difficoltà a prendere decisioni quotidiane senza un’eccessiva quantità di consigli e  rassicurazioni. 

2. Ha bisogno che gli altri si assumano la responsabilità per la maggior parte dei settori della  sua vita. 

3. Ha difficoltà a esprimere disaccordo verso gli altri per timore di perdere supporto e  approvazione. 

4. Ha difficoltà ad iniziare progetti o a fare cose autonomamente (per mancanza di fiducia in  sé stesso). 

5. Può giungere a qualsiasi cosa pur di ottenere accudimento e supporto da altri.  

6. Si sente a disagio o indifeso quando è solo a causa dell’esagerato timore di essere incapace  di prendersi cura di sé. 

7. Quando termina una relazione intima cerca con un’urgenza un’altra relazione come fonte  di accudimento e supporto. 

8. Si preoccupa in modo non realistico di essere lasciato a prendersi cura di sé. 

B. Ciò causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito  sociale, lavorativo o in altre aree importanti. 

 

14.10 Disturbo ossessivo-compulsivo di personalità

A. Un pattern pervasivo di preoccupazione per l’ordine, la perfezione e il controllo mentale e  interpersonale a spese di flessibilità, apertura ed efficienza, che inizia nella prima età adulta ed  è presente in svariati contesti, come indicato da quattro o più dei seguenti elementi: 

1. È preoccupato per i dettagli, le regole, le liste, l’ordine, l’organizzazione o i programmi al  punto che va perduto lo scopo principale dell’attività. 

2. Mostra un perfezionismo che interferisce con il completamento dei compiti. 

3. È eccessivamente dedito al lavoro e alla produttività, fino all’esclusione di attività di svago e amicizie. 

4. È eccessivamente coscienzioso, scrupoloso e intransigente in tema di moralità, etica e  valori. 

5. È incapace di gettare via oggetti consumati o di nessun valore, anche quando non hanno  alcun significato affettivo.  

6. È riluttante a delegare compiti o a lavorare con altri, a meno che non si sottomettano  esattamente al suo modo di fare. 

7. Adotta una modalità di spesa improntata all’avarizia sia per sé che per gli altri; il denaro è  visto come qualcosa da accumulare in caso di future catastrofi. 

8. Manifesta rigidità e testardaggine. 

B. Ciò causa disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito  sociale, lavorativo o in altre aree importanti. 

CODICE DEONTOLOGICO DEGLI PSICOLOGI ITALIANI 

Il seguente codice è vigente dal 24 dicembre 2024 a seguito della sentenza del consiglio di Stato del 5 dicembre 2024 (pubblicata il 24 dicembre 2024)

Capo I Principi generali (1-21)

Capo II Rapporti con l’utenza e con la committenza (22-32)

Capo III Rapporti con i colleghi (33-38)

Capo IV Rapporti con la società (39 e 40)

Capo V Norme di attuazione (41 e 42)

Capo I – Principi generali

Articolo 1  IL CODICE NON AMMETTE IGNORANZA DELLO STESSO

Le regole del presente Codice Deontologico sono vincolanti per tutti gli iscritti all’Albo degli psicologi. Lo psicologo è tenuto alla loro conoscenza e l’ignoranza delle medesime non esime dalla responsabilità disciplinare. Le stesse regole si applicano anche nei casi in cui le prestazioni, o parti di esse, vengano effettuate a distanza, via Internet o con qualunque altro mezzo elettronico e/o telematico.

 

Articolo 2 - SULLA INOSSERVANZA DEL CODICE

L’inosservanza dei precetti stabiliti nel presente Codice deontologico, ed ogni azione od omissione comunque contrarie al decoro, alla dignità ed al corretto esercizio della professione, sono punite secondo quanto previsto dall’art. 26, comma 1°, della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, secondo le procedure stabilite dal Regolamento disciplinare.

Art. 26 Legge 56/89 (Sanzioni disciplinari)

1. All'iscritto nell'albo che si renda colpevole di abuso o mancanza nell'esercizio della professione o che comunque si comporti in modo non conforme alla dignità o al decoro professionale, a seconda della gravità del fatto, può essere inflitta da parte del consiglio regionale o provinciale dell'ordine una delle seguenti sanzioni disciplinari:

a) avvertimento; b) censura; c) sospensione dell'esercizio professionale per un periodo non superiore ad un anno; d) radiazione.

2. Oltre i casi di sospensione dall'esercizio professionale previsti dal codice penale, comporta la sospensione dall'esercizio professionale la morosità per oltre due anni nel pagamento dei contributi dovuti all'ordine. In tale ipotesi la sospensione non è soggetta a limiti di tempo ed è revocata con provvedimento del presidente del consiglio dell'ordine, quando l'iscritto dimostra di aver corrisposto le somme dovute.

3. La radiazione è pronunciata di diritto quando l'iscritto, con sentenza passata in giudicato, è stato condannato a pena detentiva non inferiore a due anni per reato non colposo.

4. Chi è stato radiato può, a domanda, essere di nuovo iscritto, nel caso di cui al comma 3, quando ha ottenuto la riabilitazione giusta le norme di procedura penale.

5. Avverso le deliberazioni del consiglio regionale o provinciale l'interessato può ricorrere a norma dell'articolo 17.

Art. 17 (Ricorsi avverso le deliberazioni del consiglio regionale o provinciale dell'ordine ed in materia elettorale)

1. Le deliberazioni del consiglio dell'ordine nonché i risultati elettorali possono essere impugnati, con ricorso al tribunale competente per territorio, dagli interessati o dal procuratore della Repubblica presso il tribunale stesso.

Articolo 3 - ACCRESCERE LE CONOSCENZE SUL COMPORTAMENTO UMANO PER PROMUOVERE IL BENESSERE

Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità. In ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace. Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri; pertanto deve prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali, organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare l’uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza dei committenti e degli utenti destinatari della sua prestazione professionale. Lo psicologo è responsabile dei propri atti professionali e delle loro prevedibili dirette conseguenze.

Articolo 4 - NON DISCRIMINAZIONE

Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità. Lo psicologo utilizza metodi e tecniche salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi. Quando sorgono conflitti di interesse tra l’utente e l’istituzione presso cui lo psicologo opera, quest’ultimo deve esplicitare alle parti, con chiarezza, i termini delle proprie responsabilità ed i vincoli cui è professionalmente tenuto. In tutti i casi in cui il destinatario ed il committente dell’intervento di sostegno o di psicoterapia non coincidano, lo psicologo tutela prioritariamente il destinatario dell’intervento stesso.

Articolo 5 - OBBLIGO DI FORMAZIONE CONTINUA, USARE SOLO STRUMENTI SUI QUALI HA COMPETENZA.

Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione e aggiornamento professionale, con particolare riguardo ai settori nei quali opera. La violazione dell’obbligo di formazione continua, determina un illecito disciplinare che è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento professionale. Riconosce i limiti della propria competenza e usa, pertanto solo strumenti teorico – pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione. Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti e riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate.

Articolo 6 - AUTONOMIA PROFESSIONALE  

Lo psicologo accetta unicamente condizioni di lavoro che non compromettano la sua autonomia professionale ed il rispetto delle norme del presente codice, e, in assenza di tali condizioni, informa il proprio Ordine. Lo psicologo salvaguarda la propria autonomia nella scelta dei metodi, delle tecniche e degli strumenti psicologici, nonché della loro utilizzazione; è perciò responsabile della loro applicazione ed uso, dei risultati, delle valutazioni ed interpretazioni che ne ricava. Nella collaborazione con professionisti di altre discipline esercita la piena autonomia professionale nel rispetto delle altrui competenze.

Articolo 7 Conoscenza diretta dei casi o documentazione adeguata

Nelle proprie attività professionali, nelle attività di ricerca e nelle comunicazioni dei risultati delle stesse, nonché nelle attività didattiche, lo psicologo valuta attentamente, anche in relazione al contesto, il grado di validità e di attendibilità di informazioni, dati e fonti su cui basa le conclusioni raggiunte; espone, all’occorrenza, le ipotesi interpretative alternative, ed esplicita i limiti dei risultati. Lo psicologo, su casi specifici, esprime valutazioni e giudizi professionali solo se fondati sulla conoscenza professionale diretta ovvero su una documentazione adeguata ed attendibile.

Articolo 8 Contrasto esercizio abusivo

Lo psicologo contrasta l’esercizio abusivo della professione come definita dagli articoli 1 e 3 della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, e segnala al Consiglio dell’Ordine i casi di abusivismo o di usurpazione di titolo di cui viene a conoscenza. Parimenti, utilizza il proprio titolo professionale esclusivamente per attività ad esso pertinenti, e non avalla con esso attività ingannevoli od abusive.

Articolo 9 Consenso informato per attività di ricerca

Nella sua attività di ricerca lo psicologo è tenuto ad informare adeguatamente i soggetti in essa coinvolti al fine di ottenerne il previo consenso informato, anche relativamente al nome, allo status scientifico e professionale del ricercatore ed alla sua eventuale istituzione di appartenenza. Egli deve altresì garantire a tali soggetti la piena libertà di concedere, di rifiutare ovvero di ritirare il consenso stesso. Nell’ipotesi in cui la natura della ricerca non consenta di informare preventivamente e correttamente i soggetti su taluni aspetti della ricerca stessa, lo psicologo ha l’obbligo di fornire comunque, alla fine della prova ovvero della raccolta dei dati, le informazioni dovute e di ottenere l’autorizzazione all’uso dei dati raccolti. Per quanto concerne i soggetti che, per età o per altri motivi, non sono in grado di esprimere validamente il loro consenso, questo deve essere dato da chi ne ha la potestà genitoriale o la tutela, e, altresì, dai soggetti stessi, ove siano in grado di comprendere la natura della collaborazione richiesta. Deve essere tutelato, in ogni caso, il diritto dei soggetti alla riservatezza, alla non riconoscibilità ed all’anonimato.

Articolo 10 Evitare le sofferenze agli animali

Quando le attività professionali hanno ad oggetto il comportamento degli animali, lo psicologo si impegna a rispettarne la natura ed a evitare loro sofferenze.

Articolo 11 Segreto professionale

Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli seguenti.

Articolo 12 - Astenersi dal rendere testimonianza

Lo psicologo si astiene dal rendere testimonianza su fatti di cui è venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto professionale. Lo psicologo può derogare all’obbligo di mantenere il segreto professionale, anche in caso di testimonianza, esclusivamente in presenza di valido e dimostrabile consenso del destinatario della sua prestazione. Valuta, comunque, l’opportunità di fare uso di tale consenso, considerando preminente la tutela psicologica dello stesso.

Art. 622 Codice penale – Rivelazione di segreto professionale: punisce chiunque, avendo notizia per ragione del proprio stato o ufficio, professione o arte, di un segreto, lo rivela senza giusta causa.

Articolo 200 Codice di procedura penale, così statuisce: Non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione (...) i medici e i chirurghi (...) e ogni altro esercente una professione sanitaria. Il Giudice se ha motivo di dubitare che la dichiarazione resa da tali persone per esimersi (sottrarsi) dal deporre sia infondata, provvede agli accertamenti necessari. Se risulta infondata, ordina che il testimone deponga.

Spiegazione - Se il Giudice ordina al professionista di testimoniare, non e’ consentito ne rifiutarsi ne limitare la testimonianza a quanto si considera compatibile con la preminente tutela psicologica della persona assistita, si verrebbe accusati di intralcio al corso della Giustizia. 

 

Articolo 13 Obbligo referto e denuncia per reati perseguibili di ufficio e per grave pericolo vita paziente o altri soggetti

Nel caso di obbligo di referto o di obbligo di denuncia, lo psicologo limita allo stretto necessario il riferimento di quanto appreso in ragione del proprio rapporto professionale, ai fini della tutela psicologica del soggetto. Negli altri casi, valuta con attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla propria doverosa riservatezza, qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del soggetto e/o di terzi.

Articolo 365 Codice penale - Omissione di referto

Testo:
Il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, che omette o ritarda di riferire all’Autorità giudiziaria, nei casi in cui è obbligato per legge a farlo, un referto che abbia redatto nell’esercizio o a causa delle sue funzioni o del suo servizio, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 516 euro.
Se il colpevole è un medico, il reato è punibile solo su querela della persona offesa, salvo che si tratti di delitto perseguibile d’ufficio.

Sintesi:
Questo articolo punisce il medico o altro pubblico ufficiale che, pur essendone obbligato, non trasmette un referto all’autorità giudiziaria. È un reato contro la pubblica amministrazione e tutela l’efficienza dell’attività giudiziaria.

 

Articolo 361 c.p. – Omissione di atti d’ufficio

Testo:
Il pubblico ufficiale che indebitamente rifiuta o omette un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, d’ordine pubblico o d’igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032 euro.
La pena è della reclusione da sei mesi a due anni se il fatto è commesso per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo.

Sintesi:
Questo articolo sanziona il pubblico ufficiale che, senza giustificazione, non compie un atto obbligatorio del suo ufficio. L’aggravante si applica se l’omissione è fatta per danneggiare o favorire qualcuno.

 

Articolo 362 c.p. – Omissione di atti d’ufficio da parte di persona incaricata di pubblico servizio

Testo:
L'incaricato di un pubblico servizio che, nei casi indicati nell'articolo precedente (Art. 361), indebitamente omette di compiere un atto del suo servizio, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1.032 euro.

Sintesi:
Simile all’articolo 361, ma si applica agli incaricati di pubblico servizio (non pubblici ufficiali), cioè a chi svolge un servizio di interesse pubblico senza i poteri tipici del pubblico ufficiale.

Articolo 14 - Informare delle regole che governano lavoro gruppale comunicate nella fase iniziale

Lo psicologo, nel caso di intervento su o attraverso gruppi, è tenuto ad informare, nella fase iniziale, circa le regole che governano tale intervento. È tenuto altresì ad impegnare, quando necessario, i componenti del gruppo al rispetto del diritto di ciascuno alla riservatezza.

Articolo 15 Segreto professionale nella collaborazione con altri soggetti (es. medici)

Nel caso di collaborazione con altri soggetti parimenti tenuti al segreto professionale, lo psicologo può condividere soltanto le informazioni strettamente necessarie in relazione al tipo di collaborazione.

Articolo 16 Anonimato prestazione nelle comunicazioni scientifiche

Lo psicologo redige le comunicazioni scientifiche, ancorché indirizzate ad un pubblico di professionisti tenuti al segreto professionale, in modo da salvaguardare in ogni caso l’anonimato del destinatario della prestazione.

Articolo 17 Custodia appunti, registrazioni, ecc…. 

La segretezza delle comunicazioni deve essere protetta anche attraverso la custodia e il controllo di appunti, note, scritti o registrazioni di qualsiasi genere e sotto qualsiasi forma, che riguardino il rapporto professionale. Tale documentazione deve essere conservata per almeno i cinque anni successivi alla conclusione del rapporto professionale, fatto salvo quanto previsto da norme specifiche. Lo psicologo deve provvedere perché, in caso di sua morte o di suo impedimento, tale protezione sia affidata ad un collega ovvero all’Ordine professionale. Lo psicologo che collabora alla costituzione ed all’uso di sistemi di documentazione si adopera per la realizzazione di garanzie di tutela dei soggetti interessati.

Articolo 18 Libertà di scelta del cliente

In ogni contesto professionale lo psicologo deve adoperarsi affinché sia il più possibile rispettata la libertà di scelta, da parte del cliente e/o del paziente, del professionista cui rivolgersi.

Articolo 19 - Contesti di selezione e valutazione

Lo psicologo che presta la sua opera professionale in contesti di selezione e valutazione è tenuto a rispettare esclusivamente i criteri della specifica competenza, qualificazione o preparazione, e non avalla decisioni contrarie a tali principi.

Articolo 20 - Attività di docenza deve ispirare interesse per la deontologia 

Nella sua attività di docenza, di didattica e di formazione lo psicologo stimola negli studenti, allievi e tirocinanti l’interesse per i principi deontologici, anche ispirando ad essi la propria condotta professionale.

Articolo 21 - Insegnamento uso di strumenti e tecniche conoscitive e di intervento riservati alla professione di psicologo

L’insegnamento dell’uso di strumenti e tecniche conoscitive e di intervento riservati alla professione di psicologo a persone estranee alla professione stessa costituisce violazione deontologica grave. Costituisce aggravante avallare con la propria opera professionale attività ingannevoli o abusive concorrendo all’attribuzione di qualifiche, attestati o inducendo a ritenersi autorizzati all’esercizio di attività caratteristiche dello psicologo. Sono specifici della professione di psicologo tutti gli strumenti e le tecniche conoscitive e di intervento relative a processi psichici (relazionali, emotivi, cognitivi, comportamentali) basati sull’applicazione di principi, conoscenze, modelli o costrutti psicologici. È fatto salvo l’insegnamento di tali strumenti e tecniche agli studenti dei corsi di studio universitari in psicologia e ai tirocinanti. È altresì fatto salvo l’insegnamento di conoscenze psicologiche.

Articolo 33 della Costituzione: L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.

Capo II – Rapporti con l’utenza e con la committenza

Articolo 22 - Condotte non lesive e no ad indebito vantaggio

Lo psicologo adotta condotte non lesive per le persone di cui si occupa professionalmente, e non utilizza il proprio ruolo ed i propri strumenti professionali per assicurare a sé o ad altri indebiti vantaggi.

Articolo 23 - Pattuizione del compenso professionale

Lo psicologo pattuisce nella fase iniziale del rapporto quanto attiene al compenso professionale. In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera. In ambito clinico tale compenso non può essere condizionato all’esito o ai risultati dell’intervento professionale.

Articolo 24 - Consenso informato nella fase iniziale del rapporto professionale

Lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, fornisce all’individuo, al gruppo, all’istituzione o alla comunità, siano essi utenti o committenti, informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse, nonché circa il grado e i limiti giuridici della riservatezza. Pertanto, opera in modo che chi ne ha diritto possa esprimere un consenso informato. Se la prestazione professionale ha carattere di continuità nel tempo, dovrà esserne indicata, ove possibile, la prevedibile durata.

Articolo 25 - no ad uso improprio degli strumenti di diagnosi e di valutazione

Lo psicologo non usa impropriamente gli strumenti di diagnosi e di valutazione di cui dispone. Nel caso di interventi commissionati da terzi, informa i soggetti circa la natura del suo intervento professionale, e non utilizza, se non nei limiti del mandato ricevuto, le notizie apprese che possano recare ad essi pregiudizio. Nella comunicazione dei risultati dei propri interventi diagnostici e valutativi, lo psicologo è tenuto a regolare tale comunicazione anche in relazione alla tutela psicologica dei soggetti.

Articolo 26 - astenersi da attivita’ professionale per problemi o conflitti personali che interferiscono su efficacia

Lo psicologo si astiene dall’intraprendere o dal proseguire qualsiasi attività professionale ove propri problemi o conflitti personali, interferendo con l’efficacia delle sue prestazioni, le rendano inadeguate o dannose alle persone cui sono rivolte. Lo psicologo evita, inoltre, di assumere ruoli professionali e di compiere interventi nei confronti dell’utenza, anche su richiesta dell’Autorità Giudiziaria, qualora la natura di precedenti rapporti possa comprometterne la credibilità e l’efficacia.

 

Articolo 27 - Interruzione del rapporto se non vi sono benefici della cura

Lo psicologo valuta ed eventualmente propone l’interruzione del rapporto terapeutico quando constata che il paziente non trae alcun beneficio dalla cura e non è ragionevolmente prevedibile che ne trarrà dal proseguimento della cura stessa. Se richiesto, fornisce al paziente le informazioni necessarie a ricercare altri e più adatti interventi.

 

Articolo 28 - evitare commistioni tra ruolo professionale e vita privata, grave violazione se intervento e’ risolvo a persone significative

Lo psicologo evita commistioni tra il ruolo professionale e vita privata che possano interferire con l’attività professionale o comunque arrecare nocumento all’immagine sociale della professione. Costituisce grave violazione deontologica effettuare interventi diagnostici, di sostegno psicologico o di psicoterapia rivolti a persone con le quali ha intrattenuto o intrattiene relazioni significative di natura personale, in particolare di natura affettivo-sentimentale e/o sessuale. Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare le suddette relazioni nel corso del rapporto professionale. Allo psicologo è vietata qualsiasi attività che, in ragione del rapporto professionale, possa produrre per lui indebiti vantaggi diretti o indiretti di carattere patrimoniale o non patrimoniale, ad esclusione del compenso pattuito. Lo psicologo non sfrutta la posizione professionale che assume nei confronti di colleghi in supervisione e di tirocinanti, per fini estranei al rapporto professionale.

Articolo 29 - Subordinare intervento psicologico alla condizione che il paziente segua determinati presidi, istituti o luoghi di cura

Lo psicologo può subordinare il proprio intervento alla condizione che il paziente si serva di determinati presidi, istituti o luoghi di cura soltanto per fondati motivi di natura scientifico-professionale.

 

Articolo 30 - vietati corrispettivi diversi dall’onorario

Nell’esercizio della sua professione allo psicologo è vietata qualsiasi forma di compenso che non costituisca il corrispettivo di prestazioni professionali.

 

Articolo 31 - prestazioni a minorenni o interdette subordinate al consenso di chi esercita potesta’ o tutela.

Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono, generalmente, subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela. Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l’intervento professionale nonché l’assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l’Autorità Tutoria dell’instaurarsi della relazione professionale. Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell’autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte.

 

Articolo 32 - committente diverso dal destinatario, chiarire natura e finalita’ intervento

Quando lo psicologo acconsente a fornire una prestazione professionale su richiesta di un committente diverso dal destinatario della prestazione stessa, è tenuto a chiarire con le parti in causa la natura e le finalità dell’intervento.

 

Capo III – Rapporti con i colleghi

Articolo 33 - rispetto, lealtà, colleganza tra colleghi

I rapporti fra gli psicologi devono ispirarsi al principio del rispetto reciproco, della lealtà e della colleganza. Lo psicologo appoggia e sostiene i Colleghi che, nell’ambito della propria attività, quale che sia la natura del loro rapporto di lavoro e la loro posizione gerarchica, vedano compromessa la loro autonomia ed il rispetto delle norme deontologiche.

 

Articolo 34 - contribuire allo sviluppo delle discipline psicologiche e comunicare i progressi alla comunita’ professionale

Lo psicologo si impegna a contribuire allo sviluppo delle discipline psicologiche e a comunicare i progressi delle sue conoscenze e delle sue tecniche alla comunità professionale, anche al fine di favorirne la diffusione per scopi di benessere umano e sociale.

 

Articolo 35 - indicare le fonti nelle ricerche

Nel presentare i risultati delle proprie ricerche, lo psicologo è tenuto ad indicare la fonte degli altrui contributi.

 

Articolo 36 - si astiene dal dare pubblicamente sui colleghi giudizi negativi

Lo psicologo si astiene dal dare pubblicamente su colleghi giudizi negativi relativi alla loro formazione, alla loro competenza ed ai risultati conseguiti a seguito di interventi professionali, o comunque giudizi lesivi del loro decoro e della loro reputazione professionale. Costituisce aggravante il fatto che tali giudizi negativi siano volti a sottrarre clientela ai colleghi. Qualora ravvisi casi di scorretta condotta professionale che possano tradursi in danno per gli utenti o per il decoro della professione, lo psicologo è tenuto a darne tempestiva comunicazione al Consiglio dell’Ordine competente.

 

Articolo 37 - accettare mandato professionale nei limiti delle proprie competenze, invio ad altro collega/professionista

Lo psicologo accetta il mandato professionale esclusivamente nei limiti delle proprie competenze. Qualora l’interesse del committente e/o del destinatario della prestazione richieda il ricorso ad altre specifiche competenze, lo psicologo propone la consulenza ovvero l’invio ad altro collega o ad altro professionista.

Articolo 38 - ispirarsi ai principi del decoro e della dignitita’ professionale

Nell’esercizio della propria attività professionale e nelle circostanze in cui rappresenta pubblicamente la professione a qualsiasi titolo, lo psicologo è tenuto ad uniformare la propria condotta ai principi del decoro e della dignità professionale.

 

Capo IV – Rapporti con la società

 

Articolo 39 - presentare in modo corretto e accurato la propria formazione, esperienza e competenza

Lo psicologo presenta in modo corretto ed accurato la propria formazione, esperienza e competenza. Riconosce quale suo dovere quello di aiutare il pubblico e gli utenti a sviluppare in modo libero e consapevole giudizi, opinioni e scelte.

 

Articolo 40 - pubblicità trasparente, veritiera e rispetto del decoro professionale

Indipendentemente dai limiti posti dalla vigente legislazione in materia di pubblicità, lo psicologo non assume pubblicamente comportamenti scorretti finalizzati al procacciamento della clientela. In ogni caso, può essere svolta pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dai competenti Consigli dell’Ordine. Il messaggio deve essere formulato nel rispetto del decoro professionale, conformemente ai criteri di serietà scientifica ed alla tutela dell’immagine della professione. La mancanza di trasparenza e veridicità del messaggio pubblicizzato costituisce violazione deontologica.

 

Capo V – Norme di attuazione

 

Articolo 41 - Istituzione Commissione deontologica

È istituito presso la “Commissione Deontologia” dell’Ordine degli psicologi l’”Osservatorio permanente sul Codice Deontologico”, regolamentato con apposito atto del Consiglio Nazionale dell’Ordine, con il compito di raccogliere la giurisprudenza in materia deontologica dei Consigli regionali e provinciali dell’Ordine e ogni altro materiale utile a formulare eventuali proposte della Commissione al Consiglio Nazionale dell’Ordine, anche ai fini della revisione periodica del Codice Deontologico. Tale revisione si atterrà alle modalità previste dalla Legge 18 febbraio 1989, n. 56.

 

Articolo 42 - codice in vigore al 30esimo giorno successivo alla proclamazione dei risultati del referendum

Il presente Codice deontologico entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla proclamazione dei risultati del referendum di approvazione, ai sensi dell’art. 28, comma 6, lettera c) della Legge 18 febbraio 1989, n. 56.

 

LEGGE OSSICINI

Art. 1.   (Definizione della professione di psicologo) 

 

  1. La professione di  psicologo  comprende  l'uso  degli  strumenti conoscitivi e di intervento  per  la  prevenzione,  la  diagnosi,  le attività di abilitazione-riabilitazione  e  di  sostegno  in  ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività  di  sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito.

 

Art. 2.        (Requisiti per l'esercizio dell'attività di psicologo)

 

  1.  Per  esercitare  la professione di psicologo e' necessario aver conseguito l'abilitazione in psicologia mediante l'esame di Stato  ed essere iscritto nell'apposito albo professionale.

  2.  L'esame di Stato e' disciplinato con decreto del Presidente della Repubblica, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

  3.  Sono  ammessi  all'esame  di Stato i laureati in psicologia che siano in possesso di   adeguata documentazione attestante l'effettuazione di un tirocinio pratico secondo modalita' stabilite con decreto del  Ministro  della  pubblica  istruzione,  da  emanarsi tassativamente  entro  un  anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.

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